Non esiste regione italiana che non abbia nella sua gastronomia tradizionale, un piatto di rito e dalla forte valenza simbolica dedicato al Giorno dei Morti.
Varie sono le figure che il piu’ delle volte hanno la consistenza di un osso, ma un altro riferimento che ricorre spesso sono le dita delle mani, mentre il dolce a forma di cavallo è probabilmente legato alla leggenda di Proserpina.
In Piemonte si aggiungeva un posto a tavola per i morti che sarebbero poi arrivati in visita.
In Puglia ed in Toscana la tavola veniva apparecchiata appositamente in Sardegna la tavola dopo cena non veniva sparecchiava per consentire ai defunti di rifocillarsi durante la notte.
In Basilicata e Calabria, presso le comunità albanesi, si usava andare al cimitero di sera e lì allestire un banchetto sulla tomba dei propri cari ed invitare tutti i passanti a prendere parte.
I dolci dei morti simboleggiano i doni che i defunti portano dal cielo e contemporaneamente l’offerta di ristoro dei vivi per il loro viaggio. Un modo per esorcizzare la paura dell’ignoto e della morte.
Particolarmente diffusa in Sicilia era l’usanza, citata anche da Verga in un suo racconto, di ritenere che i defunti la notte della loro festa – e in Sicilia la Celebrazione dei Defunti era una vera e propria festa dedicata ai bambini - tornassero a visitare i loro cari portando doni, frutta e dolci, qualcuno dice addirittura a rubare, ai loro piccoli parenti che sono stati buoni durante l’anno, mentre per coloro che non lo sono stati, vi era l’usanza di nascondere le grattugie, questi doni, vengono lasciati nelle loro scarpe o nelle loro calze.
Secondo altri racconti i genitori allestivano cesti di doni e dolci confezionati per la Festa e, durante la notte, li nascondevano in casa, cosi’ al loro risveglio i bambini entusiasti cominciavano la ricerca dei doni e, dopo averli trovati, si recavano con i propri cari al cimitero a trovare e ringraziare i defunti.
Inoltre, nella notte tra l’1 e il 2 si racconta che si possono vedere le anime camminare per le vie, in ordine di modo di dipartita: per prima coloro che morirono di morte naturale, poi i giustiziati, poi i disgraziati (cioè per disgrazia), poi i morti di subito (cioè di morte repentina), e così via. I bambini, siciliani tutt’oggi e specialmente a Palermo, sentono questa festività in modo particolare, poiché ricevono ancora i regali (cosi di morti) e questa notte è, per i piccoli siciliani, l’equivalente della Notte di Natale o di Santa Lucia di altre zone.
Una tradizione simile esisteva anche in Puglia, a Manfredonia: dove alla viglia dei Morti i bambini appendevano al bordo dei loro letti delle calze, chiamate “cavezette di murte” e, che durante la notte,venivano riempite di dolci dai defunti che passavano.
La questua invece, era una delle usanze più diffuse in tutta Italia In Sardegna i bambini, prima di cena, andavano a bussare alle porte delle case dicendo “Morti, morti” e ne ricevevano dolci, frutta secca e qualche volta anche denaro. Mentre in Abruzzo, invece erano i ragazzi a bussare alle porte delle case chiedendo offerte per le anime dei morti e ricevevevano dolci e frutta fresca e secca. In Emilia Romagna la questua veniva fatta dai poveri, che bussavano alle porte chiedendo la carità per i morti e ricevendone cibo. In Puglia ragazzi e contadini bussavano alle case cantando una sorta di serenata alla ricerca dell””aneme de muerte” (l’anima dei morti) e venivano fatti entrare in casa e rifocillati con vino, castagne e taralli
Varie sono le figure che il piu’ delle volte hanno la consistenza di un osso, ma un altro riferimento che ricorre spesso sono le dita delle mani, mentre il dolce a forma di cavallo è probabilmente legato alla leggenda di Proserpina.
Secondo la credenza popolare, nella notte tra l’1 e il 2 novembre le anime dei defunti tornano dall’aldilà, ed il viaggio che li separa dal mondo dei vivi, e’ lungo e faticoso, ed e’ per questo che vengono imbandite tavole a cui i propri defunti trovano ristoro, e per renderli benevoli verso i giorni a venire. In Campania e in Lombardia, a Bormio, Vigevano e in Lomellina, un tempo era in uso lasciare in cucina un secchio o un vaso d’acqua per dissetare i defunti.
In Piemonte si aggiungeva un posto a tavola per i morti che sarebbero poi arrivati in visita.
In Puglia ed in Toscana la tavola veniva apparecchiata appositamente in Sardegna la tavola dopo cena non veniva sparecchiava per consentire ai defunti di rifocillarsi durante la notte.
In Basilicata e Calabria, presso le comunità albanesi, si usava andare al cimitero di sera e lì allestire un banchetto sulla tomba dei propri cari ed invitare tutti i passanti a prendere parte.
I dolci dei morti simboleggiano i doni che i defunti portano dal cielo e contemporaneamente l’offerta di ristoro dei vivi per il loro viaggio. Un modo per esorcizzare la paura dell’ignoto e della morte.
Particolarmente diffusa in Sicilia era l’usanza, citata anche da Verga in un suo racconto, di ritenere che i defunti la notte della loro festa – e in Sicilia la Celebrazione dei Defunti era una vera e propria festa dedicata ai bambini - tornassero a visitare i loro cari portando doni, frutta e dolci, qualcuno dice addirittura a rubare, ai loro piccoli parenti che sono stati buoni durante l’anno, mentre per coloro che non lo sono stati, vi era l’usanza di nascondere le grattugie, questi doni, vengono lasciati nelle loro scarpe o nelle loro calze.
Secondo altri racconti i genitori allestivano cesti di doni e dolci confezionati per la Festa e, durante la notte, li nascondevano in casa, cosi’ al loro risveglio i bambini entusiasti cominciavano la ricerca dei doni e, dopo averli trovati, si recavano con i propri cari al cimitero a trovare e ringraziare i defunti.
Inoltre, nella notte tra l’1 e il 2 si racconta che si possono vedere le anime camminare per le vie, in ordine di modo di dipartita: per prima coloro che morirono di morte naturale, poi i giustiziati, poi i disgraziati (cioè per disgrazia), poi i morti di subito (cioè di morte repentina), e così via. I bambini, siciliani tutt’oggi e specialmente a Palermo, sentono questa festività in modo particolare, poiché ricevono ancora i regali (cosi di morti) e questa notte è, per i piccoli siciliani, l’equivalente della Notte di Natale o di Santa Lucia di altre zone.
Una tradizione simile esisteva anche in Puglia, a Manfredonia: dove alla viglia dei Morti i bambini appendevano al bordo dei loro letti delle calze, chiamate “cavezette di murte” e, che durante la notte,venivano riempite di dolci dai defunti che passavano.
La questua invece, era una delle usanze più diffuse in tutta Italia In Sardegna i bambini, prima di cena, andavano a bussare alle porte delle case dicendo “Morti, morti” e ne ricevevano dolci, frutta secca e qualche volta anche denaro. Mentre in Abruzzo, invece erano i ragazzi a bussare alle porte delle case chiedendo offerte per le anime dei morti e ricevevevano dolci e frutta fresca e secca. In Emilia Romagna la questua veniva fatta dai poveri, che bussavano alle porte chiedendo la carità per i morti e ricevendone cibo. In Puglia ragazzi e contadini bussavano alle case cantando una sorta di serenata alla ricerca dell””aneme de muerte” (l’anima dei morti) e venivano fatti entrare in casa e rifocillati con vino, castagne e taralli
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